Il giorno in cui Yukio Mishima diventò immortale
Il 25 novembre del 1970 lo scrittore, poeta, attore e regista cinematografico giapponese, Yukio Mishima - pseudonimo di Hiraoka Kimitake - decideva di porre fine alla sua vita secondo il cerimoniale del seppuku e di trasmettere tutte le fasi della morte in diretta televisiva. Il filmato fu messo in onda dall'interno del Ministero della Difesa che lo scrittore, simbolicamente, aveva occupato insieme a un certo numero di seguaci.
Si sventrò con un coltello, secondo un taglio da sinistra a destra e poi verso l'alto, seduto in ginocchio nella posizione classica giapponese detta seiza, assistito da un fidato compagno, chiamato kaishakunin, che aveva il compito, dopo che egli si era inferta la ferita all'addome, di decapitarlo con un colpo netto di katana ed evitargli l'agonia. Il kaishakunin sbagliò il fendente. Dicono che, in preda dell'emozione, dovette fare diversi tentativi. Mishima e il fidato compagno non erano combattenti: il tragico cerimoniale finì in un'inutile, terribile, sofferenza.
L'artista mise in onda la sua morte, formalmente, per protestare contro l'occidentalizzazione del Giappone, ma non credo che questa fosse la vera ragione. Personalmente sarei propenso a pensare che fece seppuku per una forma di estremo narcisismo, per ottenere con un'azione così grande e disperata, l'immortalità.
Mishima si tolse la vita secondo il rituale del bushido seguito dai samurai, ormai figure leggendarie del passato: se non potè essere un samurai in vita lo fu nella morte.
Aveva il culto, anzi l'ossessione, del corpo, della forza, del coraggio e delle arti marziali. Dotato di una personalità fortissima e magnetica fu capace di coadiuvare intorno a sé un piccolo esercito costituito da giovani seguaci, che erano disposti a compiere qualsiasi cosa per lui.
Ho voluto parlare di questo scrittore per due ragioni: la prima perchè siamo quasi all'anniversario della sua morte in diretta, la seconda perchè, oggi, la barbarie dell'ISIS, mette in onda, utilizzando l'iphone e internet, ad uso e consumo di chi abbia il gusto dell'orrido, la decapitazione come modus operandi.
Noi occidentali, nell'epoca digitale e multimediale, vediamo scorrere immagini di morti spettacolari, macabre e inutili, che pensavamo di aver definitivamente lasciato nel fondo della storia umana diversi secoli fa.
Uomini-burattini decomponibili, smontabili come fossero costituiti da pezzi di meccano, senza cuore nè anima, fotogrammi-figurine, non più al centro dell'universo, ma soltanto comparse che vanno in onda per il soddisfacimento dei registi del macabro multimediale.
Involuzione umana ed evoluzione tecnologica che si sono incontrate: il medioevo che utilizza l'iphone e internet, tecnologie user friendly, così semplici che anche le scimmie antropomorfe potrebbero utilizzare. Cosa potrebbe esserci di peggio?
Forse, a breve, da qualche deserto remoto, in cima a una duna di sabbia battuta dal vento, l'assassino di turno sfoggerà un pugnale nel cui manico avrà incastonato un iphone da tot megapixel, con cui si riprenderà mentre gioca con i "burattini di carne".
Quando Mishima si squarciò il ventre non esisteva internet e, se ci fosse stata, ogni attimo della sua fine sarebbe andato in onda ovunque e in tempo reale. Naturalmente nella sua lucida follia egli dimostrò coraggio da brividi, e la violenza la perpetrò solo su se stesso. Quelli dell'ISIS praticano vile e insensata violenza su gente inerme. In comune c'è solo la platealità raccapricciante di un evento letale.
Mi piace ricordare la frase di chiusura di un romanzo di Yukio Mishima che lessi con piacere, Il sapore della gloria:
"Immerso nei suoi sogni, Ryuji inghiottì d'un sorso il tè non molto caldo. Ebbe la sensazione che fosse amaro. Come tutti sanno, il sapore della gloria è amaro."
23 novembre 2014