COME VENTO IN TESTA

Estratto dal capitolo 1

 

Primi giorni di gennaio

È domenica mattina e non sono ancora scoccate le otto. Aiko passeggia da sola lungo la spiaggia del Lido di Jesolo completamente deserta, mentre un vento di tramontana solleva, di tanto in tanto, strane spirali di sabbia. Il freddo, spinto dalle fastidiose e irregolari folate di vento, è insopportabile: s’insinua dentro il corpo fino alle ossa, come una colonna d'insetti voraci che scavano tane profonde. Aiko indossa una spessa tuta di pelle da motociclista, che non basta a fermare quel freddo così intenso e penetrante: trema in modo incontrollabile e le lacrimano gli occhi, ma la necessità di avere spazio intorno e respirare aria di mare le farebbe sopportare questo e altro.

A volte Aiko ha incomprensibili sbalzi d’umore, che la fanno passare dall’euforia alla tristezza acuta e, quando succede, avverte il bisogno di isolarsi, percependo la vita che conduce come un vestito vecchio che vorrebbe cambiare. Quando le capitano queste giornate nere, se si lasciasse andare, potrebbe pugnalare qualcuno o sparare al primo passante o anche a se stessa senza nessuna ragione, ma siccome non porta mai armi con sé, tutto si è sempre risolto in una sequenza di strani pensieri.

Afferra gli occhialoni da aviatore della Prima guerra mondiale che tiene al collo, acquistati da un rigattiere di Padova che affermava fossero stati usati nel 1918 da un pilota inglese della RAF. Li pulisce accuratamente con un fazzoletto e li indossa: le danno un aspetto curioso, lo sa, ma adesso gli occhi sono protetti.

Intravede qualcosa in lontananza che sta lentamente venendole incontro, è una grossa sagoma scura saltellante che pare cambiare forma a ogni folata di vento e, di tanto in tanto, si ferma a scrutare il mare. Le sembra un orso bruno ma, qualsiasi cosa sia, sta per spezzare l’incantesimo della sua malinconica solitudine, e questo non le piace. L’immagine diventa sempre più nitida e, infine, non ci sono più dubbi: è un grosso cane terranova dalla folta pelliccia nera.

Crede di aver capito di chi si tratta: deve essere Baloo, un cane addestrato per il salvataggio e del quale ha letto alcuni articoli nel giornale locale. È uno degli angeli custodi della spiaggia, parte del lifeguard team dei bagnini. Baloo è operativo in tutte le stagioni, la sua attività non si ferma mai, neanche d’inverno, e se in mare intravvede qualcuno che si muove in modo scoordinato, che grida, che geme, fosse anche un gabbiano o un altro animale, senza pensarci un attimo si tuffa per diventarne il salvagente e riportarlo a riva. L’hanno educato a questo fin da cucciolo, e continuerà a farlo fino all’ultimo respiro. Questo cane è il cuore di Jesolo, ne rappresenta un’icona di generosità e altruismo e, ogni giorno di primo mattino, dopo aver alzato con il muso la sbarra che chiude il cancello del giardino dove ha la cuccia, si dirige alla spiaggia per scrutare ogni palmo di mare, per vedere se qualcuno ha bisogno di lui: il freddo pungente, grazie alla sua folta pelliccia, non lo sente proprio.

Adesso Baloo e Aiko sono a pochi metri l’uno dall’altra, il cane la annusa e s’inquieta, poi si para davanti con un insolito comportamento aggressivo: ringhia, le mostra i denti e abbaia insistentemente. Aiko un poco s’impaurisce ma il cane le ha abbaiato perché, a sua volta, si è spaventato annusando la sua adrenalina e scambiandola per ostilità, o forse non capisce perché sia bardata, dalla testa ai piedi, con quella strana tuta di pelle rossa e nera che odora di bovino.

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