Intervista per il magazine: "MarcaAperta"

1. Carissimo Franco, spiega a chi non ti conosce che scrittore sei…

Mi piace narrare di grandi passioni, di vite anomale, di situazioni ai margini e di coraggio, di criminali e assassini, di rabbia che ribolle... e di sogni. Mi piace scrivere della vita in tutti i suoi aspetti, anche se spesso prediligo storie noir. Ho scritto tanti racconti brevi e anche alcune fiabe ma, da qualche anno, mi sento più a mio agio dentro la misura lunga del romanzo che mi consente maggior respiro e approfondimento di personaggi e situazioni.

 

2. Qual è il tuo percorso di scrittura e dove trai gli spunti dei tuoi romanzi?

Il mio percorso di scrittura inizia da una base emozionale: scrivo sempre di cose che sento, che mi colpiscono, che mi danno i brividi e in cui m'immedesimo.

Semplificando posso dire che il mio percorso di scrittura è costituito da due fasi principali.

C'è una fase iniziale in cui scrivo tutto quello che mi passa per la mente, senza nessun freno inibitore. E' simile alla situazione di uno scultore che inizia a scolpire un blocco di marmo, per trasformare delle emozioni in una forma di cui, all'inizio, ha una vaga idea. Questa fase iniziale coincide anche con le prove preliminari che fa un attore per caricarsi ed emozionare il suo pubblico con la voce, ma anche con il linguaggio del corpo, mentre declama.

Poi c'è la seconda fase, quella della formalizzazione della scrittura, della ricerca della fluidità. E' la fase in cui ogni pagina, se necessario, può essere riscritta anche dieci volte. Questa fase coincide con il processo di limatura finale di una scultura e delle ripetizioni ossessive nella declamazione di un pezzo da parte di un attore, per mettere a punto anche le più piccole sfumature delle parole che dovranno uscire dalla sua bocca come uno zampillo.

Gli spunti arrivano in tutte le maniere possibili, da una lettura, da una storia ascoltata per strada o in treno, anche parzialmente, da una battuta sentita da buontemponi camminando, da un pensiero, un'idea, una parola che atterrano dentro di me magari mentre sto guidando.

Non sono uno di quegli scrittori che frequentano sistematicamente aule di tribunali o leggono di cronaca nera per avere spunti su cui scrivere, preferisco che arrivino in modo più casuale e naturale.

Potrei dire che gli spunti per la scrittura da me sono arrivati come le mie tre gatte, che sono venute loro da me, mi hanno scelto quand'erano cucciole alla ricerca di una casa, senza che le cercassi.

 

3. Cosa ti affascina di più della vita?

Il dono dei sensi. Sì, intendo proprio dei cinque sensi. Mi piace vedere le opere prodotte dalla natura e quelle artistiche e architettoniche realizzate dall'uomo; toccare tutto: dalla roccia al velluto;  annusare gli odori della campagna, del mare, della montagna, del bosco e della foresta, ma anche  certi profumi artificiali; ascoltare i suoni e la musica sia della natura sia degli uomini; gustare i cibi buoni, assaporare i vini raffinati, fino ai sapori forti, esotici. Insomma, vorrei vivere tutto il nostro pianeta e la vita sensorialmente.

 

4. Dove ti poni come uomo e come scrittore?

Come uomo mi pongo tra i contestatori, tra i cani sciolti senza una rappresentanza significativa (che mi piacerebbe avere), tra quelli mai allineati, probabilmente nato nel momento sbagliato: avrei preferito vivere nel passato, magari durante l'Illuminismo o magari tra 100 anni quando, forse, molte delle cose sgradevoli d'oggi saranno appianate e cambiate. In quest'epoca sono abbastanza a disagio.

Come scrittore sono uno sperimentatore, e mi colloco tra i visionari. Mi piace narrare e farlo in piena libertà, specialmente immaginativa, non sono interessato alle cronache o ai saggi perchè troppo statici per la mia forma mentis.

 

5. Cosa ti manca in questo periodo storico?

Credo che in questo periodo storico manchino molte cose, su tutto io soffro per l'inadeguatezza e incapacità della politica, che non è solo un problema nostro, italiano, ma direi mondiale: non ci sono politici illuminati e coraggiosi, vorrei che ci fossero i "giusti" del passato, personaggi come Gandhi, Mandela, J.F. Kennedy, Pertini... capaci di coraggio, seppure in modo e con stile diverso, e capaci di affrontare i numerosi problemi di questi tempi.

La politica non è più al servizio della gente ma di sé stessa, delle banche, di certe famiglie e gruppi economici, oggi più che mai, e specialmente in ambito nazionale.

Vorrei politici idealisti, capaci e soprattutto al servizio dei bisogni dei cittadini, dovrebbe essere così.

Spiace vedere tanti, tantissimi laureati e non solo, lasciare famiglia, amici, affetti e trasferirsi in altri paesi, spiace vedere istituzioni e aziende umiliare i nostri giovani, a cui offrono lavori per periodi transitori e con trattamenti economici risibili.

E poi c'è la cappa del terrorismo presente in troppe aree del mondo, come una nuvola scura incombente, che toglie libertà di movimento.

E' come se vi fosse una specie di virus dell'impazzimento che ogni tanto è distribuito in certe parti del mondo: durante il nazismo, nella recente guerra balcanica e in tanti, troppi, periodi storici

E, soprattutto, mi mancano i sognatori... che non ci sono perchè mancano i sogni.

 

6. L’arte o la filosofia: dovendo scegliere, a cosa rinunceresti?

Rinuncerei alla filosofia, non ho dubbi. Come diceva Leopardi: "E' poco filosofo chi fa filosofia della vita ". Sono più interessato all'estetica, alla bellezza delle cose, all' armonia, alle sensazioni piuttosto che alle riflessioni. Penso che sia meglio vivere piuttosto che porsi domande e riflettere su come vivere e su cosa sia la vita.

L'arte dà sensazioni e  suscita riflessioni,  in sè ha anche la filosofia.

Mentre i fisolosofi si chiedono cosa sia la vita, che senso abbia e a cosa serva, gli artisti la vivono.