Sulla spiaggia ti ho creata dominando la sabbia, poi ti ho adagiata su un’onda … e ho nuotato con te

5. China Bina e le tortore

2003

Una piccola e veloce rivoluzione era avvenuta nella mia vita: mi ero trasferito da Treviso a Mogliano Veneto. Avevo lasciato l’appartamento di Treviso così come si abbandona una nave che sta andando a picco.

Quell’anno ripresi a scrivere.

Materialmente lo facevo in un sottotetto, in uno spazio di almeno quaranta metri quadrati, non di Parigi ma di Mogliano Veneto, che andava bene lo stesso. Quello che mi ricordo, ripensando a quella fase di vita è che, mentre scrivevo veloce, picchiettando sui tasti della tastiera del PC, come se stessi suonando dei pezzi di Chopin al pianoforte, ero quasi sempre in compagnia. Pagine su pagine, con i rivoli di sudore che, soprattutto d’estate, per lo sforzo e il caldo, mi scendevano sulla fronte, e la banda dei capelli che oscillava come le ali di un pipistrello.

Si, spesso eravamo un trio: io più due tortore che venivano a guardarmi dal lucernario della soffitta dove lavoravo. Curiose, e rapite dal tramestio creativo,  accompagnavano quello spezzone di tempo con il loro tubare e i loro movimenti aerei e leggeri. Dovevano avere il loro nido a pochi metri da me tra i folti rami di uno dei pini secolari che mi circondavano e  le cui fronde arrivavano fino a pochi metri dal tetto sotto cui mi trovavo. Venivano a osservare quello che stavo combinando, e io ogni tanto mi fermavo e osservavo loro.

 

Un’altra bella presenza di allora era China Bina, una gatta selvatica che, attraverso il foro libero, senza griglie, di aereazione della cucina al piano terra, giornalmente veniva a trovarmi. China di corsa percorreva tutto il piano terra, saliva la prima rampa di scale, e ancora di corsa trottando come un cavallino, preannunciata dai cigolii della scala di ferro che univa il primo piano alla soffitta, arrivava da me per il primo giro di fusa. Imparai allora quanto siano abitudinari e puntuali i gatti. Da quando ci conobbe non saltò mai un giorno e non tardò mai all’ appuntamento, tra le sette e le otto di ogni sera.

La chiamai China Bina, perché? Non so, mi venne così.

Povera bestia, i parassiti l’avevano invasa, e quando la vidi la prima volta mi parve di vedere una specie di gatta-punk: aveva una cresta di pelo sulla sommità della testa e quasi niente ai lati. Non fu facile liberarla dai parassiti, voleva sempre e solo avvicinarsi lei ma non voleva il viceversa, e metterle le gocce di “frontline” per liberarla da pulci e zecche fu un’impresa.

Lei era il quarto elemento della banda nel senso che: io picchiavo sulla tastiera, le tortore tubavano e China Bina rotolava sul pavimento intorno a se stessa, con ritmo e misura.

Questo quartetto, più la rimanente parte pan umana, di cui adesso dirò, avvolti intorno a me, costituivano  un mantello leggero, colorato, caldo, cioè un’atmosfera perfetta.

Adesso vivevo con Chicca in quella bella ampia casa, in cui lei già ci abitava prima di convivere con me a Treviso, e con noi adesso c’era anche Yvan che altrimenti sarebbe stato confinato perennemente nel suo appartamento-favo, diviso dalla vita attiva da impercorribili ripide scale che non era più in grado di affrontare, e quindi a breve destinato a qualche ospizio, e “Furia” la figlia di Chicca la cui presenza si avvertiva per i vortici d’aria che produceva ad ogni suo passaggio che non duravano mai più di pochi istanti.

China Bina rappresentò uno dei tanti fili che ci legavano, come si sa i gatti sono artisti e con noi era a suo agio, ci amava tutti e lo manifestava con le sue fusa generose.

 Yvan dormiva seduto in poltrona, da anni non si stendeva sul letto, perché quando lo faceva respirava a fatica, poche ore di sonno così.

Io e Chicca eravamo sistemati al primo piano, e “Furia” in un'altra stanza dello stesso piano.

Come fu la convivenza?

Spensierata, come solo tra artisti può essere. Non ci annoiavamo mai. Avremmo potuto anche semplicemente stare seduti per ore senza annoiarci, usciva sempre qualcosa di interessante, qualche spunto, qualche idea, qualche storia.

 

Lo spirito di queste pagine era di introduzione al sito che sta per nascere e che sarà completamente dedicato a questo amico e grande maestro del colore, e dove si parlerà approfonditamente della sua opera. Dunque un luogo dove saranno raccolti  molti dei dipinti di Yvan più significativi e verso cui ho voluto, con queste pagine, fare da ponte.

Yvan ci lasciò nel 2005, due anni dopo, non dirò come, questo non ha nessuna importanza, certamente lasciando in me dei ricordi molto belli. (inizio)

 

P.S.

La maggior parte delle immagini che ho utilizzato qui, a corredo degli scritti, sono di “Yvan Beltrame”. Il  link verso il suo sito è:

                                                                                              yvanbeltrame

 12 aprile 2013